Data di pubblicazione: 21 Maggio 2020
In una recente intervista, è stato chiesto a Bill Gates quali sarebbero stati gli effetti a livello sociale (a lungo termine) causati dal Coronavirus: la risposta è stata una parola: adattamento. Un adattamento che andrà dal modo di lavorare al modo di vivere, di incontrare le persone e di socializzare. Non ci sono dubbi, secondo il fondatore di Microsoft, che molte cose cambieranno radicalmente e che la società si spingerà sempre più verso il digitale.
E i primi effetti si iniziano già a vedere: molte aziende hanno attivato progetti di smart working, permettendo ai lavoratori di poter continuare a esercitare la propria professione da casa, evitando potenziali contatti che potrebbero esporli al rischio contagio. Secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al 29 aprile 2020 risultano complessivamente 1.827.792 lavoratori attivi in modalità smart working: di questi, oltre 1.6 milioni hanno adottato il lavoro agile a seguito delle direttive per contrastare l’epidemia. Le aziende si stanno adattando, quelle che ne hanno la possibilità fanno lavorare i dipendenti da remoto, altre alzano barriere protettive in plexiglas. Le possibilità sono molte, e sono molte le nuove idee che ogni giorno arrivano nel mercato, per cercare di stare dietro ai rapidi cambiamenti che questo periodo porterà inevitabilmente con sé.
Lo smart working probabilmente per alcuni diventerà la normalità, almeno per un po’ di tempo: per molte persone il lavoro agile porta notevoli benefici, come ad esempio evitare di prendere l’automobile o i mezzi pubblici per raggiungere il luogo di lavoro (eliminando i relativi tempi e costi di trasporto), insieme alla possibilità di stare più vicini alla propria famiglia. Il lavoro stesso, in modalità agile, è cambiato parecchio. Tutto quello che prima si faceva a voce, ora si fa via remoto. Le riunioni fisiche sono state sostituite da call di gruppo su servizi di teleconferenza come Zoom, Skype o Google Hangouts: molte dinamiche “da ufficio” sono venute meno, come la pausa caffè con i colleghi, insieme alle preziose idee che possono nascere anche in momenti di svago.
Gli spazi di lavoro sono già cambiati: le aziende che hanno tenuto aperto durante l’emergenza hanno dovuto adeguarsi a tutte le normative previste, oltre a guanti, mascherine e gel igienizzante anche la distanza interpersonale, le barriere fisiche, i check della temperatura e in generale una presa di coscienza riguardo tutti quei piccoli comportamenti che prima rappresentavano la normalità, che ora sono visti come potenziali rischi di contagio. Secondo un articolo di Cnbc, il Coronavirus potrebbe segnare la fine (o almeno la diminuzione) dei viaggi di lavoro come li conosciamo ora. Alcuni esperti come Gary Leff affermano che alcune aziende, “digitalizzate” da questo periodo di emergenza potrebbero non considerare più necessari i cosiddetti “business travels” ad esempio per presentare prodotti, in favore di un meeting virtuale – scelta che potrebbe essere motivata, spiega il travel industry expert, dal tentativo di recuperare le perdite legate all’emergenza Coronavirus, tagliando sui costi dei viaggi di lavoro.
L’adattabilità, elemento fondamentale per superare questo periodo e ripartire, già citata da Bill Gates è protagonista anche di un’intervista del World Economic Forum ad Adam Grant, noto psicologo del lavoro statunitense, a cui è stato chiesto come cambierà il mondo del lavoro nel periodo post-Coronavirus. «(Noi umani) siamo altamente adattabili – afferma Grant -. Darwin ha scritto, quando stava costruendo la sua teoria dell’evoluzione, che la selezione naturale non sempre fa sopravvivere il più forte, a volte favorisce chi riesce ad adattarsi. I leader potrebbero cogliere quest’opportunità di dare più indipendenza ai propri lavoratori, per apprenderne i valori, gli interessi, i punti di forza e le motivazioni. Le aziende, nel frattempo, possono sperimentare diversi modi innovativi di lavorare dopo la crisi».
Come in tutta Italia e (quasi) in tutto il mondo, anche il lavoro all’interno della sede di Maico è cambiato. Circa il 50% dell’azienda ha lavorato da casa, e alcuni dipendenti sono ancora in modalità di lavoro agile, ma i mezzi di comunicazione come Skype, Zoom e Microsoft teams hanno permesso di rimanere sempre in contatto. I Product Manager dell’azienda altoatesina hanno sperimentato per la prima volta l’utilizzo delle piattaforme di videoconferenza per i corsi tecnici sulle novità di prodotto, e si sono detti molto soddisfatti della riuscita degli incontri. Le presentazioni, dato che si sono svolte sul web, sono state più brevi del solito, di conseguenza i partecipanti erano più concentrati, attenti e interessati.
Anche se qualcuno trova ancora il corso in presenza fisica più efficace, sono in molti, dopo questa esperienza, ad aver trovato nelle video-riunioni un’ottima alternativa. «Gli incontri virtuali evitano lo stress e i costi della trasferta, ed in più riesco a concentrarmi meglio – spiega un Area Manager di Maico -. In questo periodo ho sperimentato la videochiamata con alcuni clienti: anche in questi casi è stata molto efficace e mi sono risparmiato il viaggio, ovviamente manca il contatto umano – che è una parte fondamentale del mio lavoro -. Credo che a lungo andare si dovrà trovare un equilibrio fra le due forme di “contatto”».
Durante il periodo di quarantena più serrata, Maico ha inoltre organizzato un webinar in collaborazione con Alperia Bartucci, per affrontare l’argomento degli sgravi fiscali riguardanti il settore edile, con grande partecipazione e soddisfazione da parte dei clienti. È stato previsto anche un corso online in collaborazione con il consorzio LegnoLegno, in programma per inizio giugno, sul tema del Marchio Posa Qualità.