Data di pubblicazione: 01 Aprile 2019
L’attività edilizia è uno dei settori a più alto impatto ambientale. Si stima che gli edifici siano responsabili quasi del 40% della CO2 emessa nell’aria. Per questo, la nuova frontiera del costruire è fatta di basso impatto energetico e di bioedilizia. Un universo molto complesso, in cui anche i serramenti giocano un ruolo centrale. Abbiamo chiesto all’architetto Manuel Benedikter, i cui progetti sono da sempre caratterizzati da un’elevata attenzione all’efficienza energetica, dall’uso responsabile delle materie prime e da un atteggiamento rispettoso verso la natura e il paesaggio, di aiutarci a fare chiarezza.
Architetto, partiamo dalle certificazioni di sostenibilità ambientale in campo edile: quali sono le più diffuse in Italia e quali aspetti analizzano?
«Premettendo che è possibile costruire edifici a basso impatto energetico anche senza fare riferimento a uno specifico protocollo, senza dubbio i più diffusi in Italia sono tre: CasaClima, Leed e Passivhaus. Solo la prima è emessa da un ente pubblico: nata in Alto Adige, CasaClima è una certificazione che attesta le caratteristiche energetiche, la sostenibilità e la qualità di un edificio, con diverse classi di valutazione, dalla Gold alla “C” tipica dei risanamenti. Inoltre, con il protocollo CasaClima Nature è possibile valutare un edificio non solo dal punto di vista energetico ma anche rispetto agli impatti che ha sull’ambiente, sulla salute e sul benessere delle persone che ci vivono. Oggi questa certificazione è diffusa in tutta Italia e conta diverse agenzie europee, mentre in provincia di Bolzano è uno standard obbligatorio per ottenere l’abitabilità degli edifici. Leed, invece, nato negli USA, è un protocollo che si è velocemente diffuso in tutto il mondo, con diversi livelli, da “Base” a “Platinum”, e valuta le prestazioni degli edifici in settori chiave, dal risparmio energetico e idrico ai materiali impiegati. Molto diffuse nel Nord Europa e sempre più apprezzate anche in Italia sono infine le Passivhaus: la certificazione valuta soprattutto il fabbisogno energetico utile richiesto per il riscaldamento e il raffreddamento dell’abitazione. Parliamo di edifici che assicurano una temperatura adeguata degli ambienti interni spesso anche senza l’uso di caldaie, termosifoni o aria condizionata. Il tutto tramite un perfetto isolamento delle pareti e del tetto e con l’utilizzo di sistemi di ventilazione meccanica controllata. Gli elementi valutati dalle certificazioni, sono numerosi: l’involucro, le prestazioni termiche e acustiche, la LCA (Life Cycle Assessment) dei materiali. Tutti aspetti che consentono di identificare l’effettiva sostenibilità di un edificio».
Quali sono i principali vantaggi di un edificio a basso impatto energetico?
«Il maggiore beneficio è indubbiamente il confort termico, sia in inverno che in estate, in quanto le pareti esterne vengono percepite come superfici radianti calde. Bisogna, però, prestare particolare attenzione all’ombreggiamento. E qui entrano in gioco i serramenti».
In che modo?
«Bisogna fare attenzione ad avere finestre troppo grandi: il serramento incide per il 25% nelle perdite energetiche di un edificio ed è anche l’elemento più caro a metro quadrato. Dunque, non solo va scelto con cura, ma anche la posa deve essere eccellente. Con un buon lavoro sui serramenti, possiamo avere bilanci energetici positivi altrimenti rischiamo di ottenere l’effetto contrario e di vanificare gli sforzi fatti, anche da un punto di vista economico».
Ritiene che ci sia sufficiente conoscenza sul tema da parte dei serramentisti e una buona competenza dei posatori?
«La qualità della posa del serramento in Italia sta migliorando, anche se incontro ancora delle difficoltà in cantiere, soprattutto nel fare capire cos’è la tenuta all’aria e come va curata. Il punto è che i serramenti sono ormai quasi sempre di buon livello, mentre si nota una certa mancanza di interesse sul tema da parte dei progettisti e delle imprese».
Dunque, in che modo si potrebbero realizzare pose in opera a regola d’arte su più vasta scala?
«Stimolando la formazione per tutti gli operatori lungo la filiera, a partire dai progettisti, e attivando più controlli e verifiche in cantiere. Sicuramente i sistemi di certificazione aiutano a migliorare la qualità».
Immagina un albo chiaramente certificato dei posatori?
«L’albo per i posatori certificati è già previsto dalla normativa sulla posa dei serramenti e in Alto Adige la figura del posatore certificato è addirittura entrato nella legislazione locale. Anche in questo caso, in realtà, si può costruire bene e lavorare con qualità senza la necessità di avere un ulteriore albo. Se invece vediamo l’albo come uno stimolo ulteriore per fare formazione, ben venga».
Torniamo alle case a basso impatto energetico: è possibile costruirle a ogni latitudine?
«Certamente. Anche se a seconda del luogo in cui si costruisce l’edificio possono variare i materiali utilizzati. È sempre importante, infatti, scegliere materiali a bassa inerzia termica e con una buona capacità termica che riescano ad attenuare l’entrata di calore, mantenendo la temperatura interna costante in ogni stagione. Un esempio? Una parete in pietra, che va comunque coibentata molto bene, e una parete in legno, che a parità di prestazioni termiche, è molto più sottile, e dunque assicura un guadagno di spazio importante per l’utente. Il legno può essere usato non solo nell’arco alpino ma anche nelle aree mediterranee, anche se in questo caso bisogna fare ancora più attenzione all’ombreggiamento: in una casa al mare, grandi serramenti non ombreggiati, possono essere delle vere e proprie centrali energetiche con seguente rischio di surriscaldamento».
Si può realizzare l’efficientamento energetico di un edificio anche in fase di ristrutturazione?
«Si, il caso più comune si ha quando si decide di sopraelevare la casa esistente costruendo un piano superiore in legno, cosa che per altro aiuta anche da un punto di vista sismico. Inoltre, siamo i primi in Italia ad aver riqualificato un condominio di proprietà del Comune di Bolzano con una facciata prefabbricata in legno. Una facciata che, al termine della sua vita utile, potrà essere riciclata in tutte le sue parti, a differenza di un cappotto tradizionale. Il risultato è un edificio innovativo, efficiente e sostenibile. Si tratta di concetti di circular economy che, sono convinto, si faranno sempre più strada anche nel mondo dell’edilizia. Inoltre, proprio questo caso dimostra come i condomini siano realtà particolarmente interessanti per l’applicazione di tecnologie per il risparmio energetico. Con minore sforzo per chi ci abita, soprattutto nel caso di edifici molto compatti, si possono ottenere prestazioni ancora più elevate che nelle monofamiliari. La difficoltà, come noto, è mettere d’accordo i condomini».
Pensa che nei prossimi anni la sensibilità verso questa tipologia costruttiva aumenterà o sono ancora troppo alte le barriere all’ingresso a partire, ad esempio, dai costi?
«A mio avviso, non abbiamo scelta: l’edilizia è ancora il settore che inquina di più, dunque dobbiamo imparare a costruire meglio e dobbiamo favorire la diffusione delle buone pratiche energetiche anche grazie al sostegno degli sgravi fiscali da parte del soggetto pubblico. Soprattutto, dobbiamo fare cultura perché costruire meglio vuol dire fare del bene a noi stessi e all’ambiente in cui viviamo».