Data di pubblicazione: 18 Febbraio 2021
In fondo, ormai l’abbiamo capito. Il verde in città dev’esserci, e dev’essere tanto. Non solo come giardino, con le funzione di abbellire i quartieri, ma anche per purificare l’aria ed essere riparo per la biodiversità, le migliaia di specie animali e vegetali che abitano l’ambiente urbano. Con la tecnologia, poi, le possibilità sono infinite: si può perfino trasformare un capannone vuoto in una vera e propria fattoria in cui crescere vegetali freschi, non trattati chimicamente, a due passi dal centro.
Se ce l’avessero detto vent’anni fa non ci avremmo creduto. Poi è arrivato Boeri e il Bosco Verticale, a Milano, testimoni del fatto che si può fare. Il verde può essere parte integrante della città. Oggi, nell’area di Melchiorre Gioia all’altezza di via Pirelli, in quell’incrocio dove sorge il palazzo a forma di ponte (non da tutti apprezzato) nascerà un nuovo Bosco Verticale, sempre firmato dallo studio di Stefano Boeri, insieme agli architetti americani Diller Scofidio + Renfro.
Il progetto prevede un Bosco verticale alto 110 metri e 25 piani, che ospiterà alla base tre piani pubblici. L’edificio, ha spiegato l’architetto Stefano Boeri, avrà lo stesso numero di alberi del vicino parco – il parco Biblioteca degli alberi -, che rifletteranno il cambio delle stagioni. L’edificio, essendo ricoperto di verde riuscirà ad assorbire 14 tonnellate di Co2 e produrre 9 tonnellate di ossigeno l’anno, al pari di un bosco di 10 mila metri quadrati.
La maggiore innovazione è l’utilizzo di una elevata percentuale di legno in un edificio di tale altezza. Non solo. I parapetti dei balconi saranno rivestiti da fotovoltaico, tanto che l’edificio sarà autosufficiente per il 65%, utilizzando energia rinnovabile. Dell’edificio a ponte, invece, ne resterà solo la base, e verrà trasformato in una enorme serra di vetro, dove ospitare eventi a disposizione della cittadinanza. Una serra della biodiversità dove fare una esperienza immersiva nel verde, seguire corsi e laboratori.
E poi c’è Planet Farms, startup fondata da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, nata a Cavenago, alle porte di Milano. Sarà il più grande esempio di vertical farming in Europa. Atmosfera controllata in maniera artificiale, umidità, temperatura e concentrazione di anidride carbonica modulate per consentire alle piante di produrre al meglio. Ma anche luci a led per illuminare i vegetali e fertirrigazione per nutrirli. Insomma, l’intero ciclo di vita della pianta accompagnato, controllato e aiutato dalla tecnologia. Con la produzione a pieno regime, Planet Farms porterà negli scaffali dei supermercati milanesi oltre 70mila confezioni di insalata al giorno.
La grande differenza rispetto ai metodi di agricoltura tradizionale sta nel fatto che tutto deve essere sterilizzato, per evitare che si sviluppino microganismi patogeni. Tutto il processo è meccanizzato: ci sono sistemi che si occupano del riempimento delle vasche con il substrato e del posizionamento dei semi e poi nastri trasportatori e carrelli elevatori che movimentano le vasche dentro e fuori le camere di germinazione e di crescita. Oltre a macchine che si occupano del taglio e del confezionamento delle verdure. In poche parole: nessun essere umano, prima del consumatore finale, tocca con mano l’insalata che esce dalla vertical farm.